Anno 2020
Epoca COVID – Esplosione al porto di Beirut
Stavamo per fare i biglietti aerei per il mese di marzo quando improvvissamente la quarantena mondiale ci ha bloccato e il “lockdown” ci ha tenuti a domicilio nella più totale frustrazione e impotenza. Non ci siamo dati per vinti e abbiamo tentato di partecipare al progetto di finanziamento CEI per il COVID. Costituendo un gruppo di nostri partecipanti da remoto, lavorando in equipe, siamo riusciti a mettere insieme questo progetto che, purtroppo, non ha avuto il riconoscimento – benchè molto interessante – non avendo, la nostra associazione, i requisiti essenziali (non essendo passati i tre anni legali dalla costituzione per essere un’associazione accettata e presa in considerazione). Cestinato il finanziamento, il 4 agosto siamo coinvolti e costernati a seguito della terribile esplosione di Beirut e ci attiviamo immediatamente, con le scarse forze di agosto, al fine di attivare un invio di pacchi umanitari: farmaci, medicazioni, abiti e scarpe come primi invii. Ci scontriamo immediatamente con l’invio doganale. I nostri pacchi umanitari vengono fermati per circa due mesi nell’aeroporto di Beirut non passando la dogana. Presto troviamo altri canali solidali per far arrivare il nostro contributo. Individuiamo pertanto i progetti di finanziamento per i nostri referenti in Libano: Padre Fadi, al quale inviamo una prima somma destinata a interventi caritatevoli, e padre Marun, con il quale collaboriamo per la realizzazione di un workshop che si terrà, in seguito, ad ottobre e nel quale verranno distribuiti doni e dolcetti consolatori ai bambini e buoni di acquisto di carne agli adulti. Grazie alle generose donazioni siamo riusciti a distribuire altri beni e aiuti di vario tipo: farmaci e medicazioni e prodotti per la didattica Inoltre, portiamo avanti il nostro progetto di distribuzione delle galline ovaiole nelle campagne e il nostro progetto scarpe raccogliendo in Italia scarpe invernali di seconda mano e distribuendole ai bambini delle scuole dei campi profughi siriani su container della valle della Bekaa che avevamo osservato, durante la nostra ultima missione- dicembre 2019-, esserne sprovvisti.
Finalmente a fine anno un altro buon risultato: ABIR. In seguito alla nostra segnalazione e alle pratiche burocratiche durate due lunghi anni, Abir, vedova siriana da noi incontrata nel campo di EL Faur, all’inizio delle nostre esperienze in Libano, nel 2016, e i suoi tre figli minori riescono a raggiungere l’Italia, con il primo corridoio post Covid di Sant’Egidio, nel dicembre 2020. Dopo l’arrivo in aeroporto, e in seguito alla quarantena di quindici giorni, Abir e i suoi figli si recano in un centro residenziale di Sant’Egidio, sotto il loro controllo. Sant’Egidio continua a seguirli. Al momento i figli vanno a scuola e stanno imparando l’italiano. Ciò che mi aveva colpito tantissimo di questa donna è stato la sua dignità e la sua bellezza.